Dai deserti dell’anima

Mi presentai da Nicola nel suo studio; una taverna dentro casa, a klagenfurt, per registrare il quinto album, il mio primo da solista. Ricordo che, dopo due giorni di impasse, le cose presero la giusta e provvidenziale direzione proprio nel momento stesso in cui lui decise di lasciarmi lì, da solo. Mi disse “qui è il microfono e qui il pulsante per registrare” poi, salì al piano di sopra, probabilmente a riposare perché era di pomeriggio e aveva da poco finito di lavorare. Fu quello, dicevo, l’inizio per me de “l’esule”. Quello il clima più adatto per lasciarsi andare e dar voce, nel tepore domestico, a queste canzoni. Così, dopo essermi un pò sistemato, aver preso la giusta distanza dal microfono, premetti il tasto rec e registrai, una dopo l’altra, le 10 tracce, chitarra e voce. Prima del mixaggio, verranno aggiunti altri strumenti, pochissimi ; così quella suggestione carica d’intimità è rimasta permeando e avvolgendo l’opera dall’inizio alla fine. Proprio così l’avevo pensata, il mio Nebraska

Quando lo ascolterete e magari, spero, riascolterete ci troverete un po’ della nostra umanità, da secoli in cammino (“Lembo di terra”), un pò di speranza, “il sole nelle stanze vuote”, (“E’ speranza”) e, voglia di vivere, guarire e rinascere. Ascolterete la canzone di un padre per una figlia (“A Sophia”) e di un una madre e un padre per il proprio figlio, il piccolo George (“Prenditi cura di noi”). Nomi di persone ben precise, Sophia, George, Costantino, Elena mia nonna (“Dopo il diluvio”), come se sfogliassi con voi un album di famiglia. Si, perché è soprattutto la mia di umanità che incontrerete, quella di cui certamente posso raccontare, ancora in viaggio, verso il cielo e per la terra (“L’esule”, “Senza titolo”).

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